Mobbing

 

Il termine mobbing identifica una serie di comportamenti più o meno aggressivi nei confronti del lavoratore o del collega, atti a ridimensionare la sua autostima.

Ci sono quelli più strategici, come il demansionamento, l’emarginazione e l’ostracizzazione e poi quelli bellamente offensivi, come gli insulti veri e propri e l’umiliazione di fronte al gruppo.

Esistono due tipi di mobbing:

  • VERTICALE (dal capo al subordinato)
  • ORIZZONTALE (dal collega al collega)

 

Come funziona psicologicamente il mobbing.

 

Per quanto se ne parli il mobbing è poco riconosciuto da chi lo subisce. Il più delle volte è in seduta che scopriamo l’opera nefasta del mobbing: il paziente riporta sintomi come insonnia, sensazione di oppressione la domenica sera e una certa tendenza a rimuginare sui propri comportamenti, più che su quello degli altri.

È questo l’aspetto più tremendo. Tramite le sue accuse più o meno velate il mobber fa in modo di creare la ferita più profonda: “forse hanno ragione loro, forse sono io che sono sbagliato”.

C’è un bellissimo libro di Delphine De Vigan, dal titolo “Le ore sotterranee”, che racconta con grande maestria la graduale caduta psicologica di chi subisce mobbing a lungo termine.

Volendo spiegare perché a un certo punto si inizi a mettere in discussione tutte le nostre certezze, devo tornare a un meccanismo antico di salvaguardia emotiva: quando un bambino vede il proprio genitore arrabbiarsi o andare via, non pensa che il genitore sia cattivo, bensì pensa di essere lui il cattivo che ha fatto andare via il genitore. Paradossalmente questo lo salva: se lui è il cattivo allora il genitore sarà buono e lo amerà.

Mobbing: sintomi e cura.

Come procedere in psicoterapia.

È buona pratica contare le ferite una ad una assieme al paziente. Questo serve a quantificare il costo psicologico del mobbing e mano a mano sviluppare una rabbia sana nei confronti della situazione e dei colleghi mobbers. Attraverso l’EMDR avviene un elaborazione profonda sia delle ferite recenti, sia dei traumi passati che possono aver contribuito alla mancanza di reazione di fronte al mobbing. Questa elaborazione permette di porre queste esperienze nella giusta dimensione: quella passata, perciò esse smettono di intervenire ed interferire sul presente rendendo la persona più consapevole, meno attivata e più lucida.

Infine possiamo pensare alla terapia come il luogo dove non solo poter nutrire la propria sicurezza, ma anche mettere a punto strategie di protezione da utilizzare quando si torna in ufficio e valutare se si intende procede sul piano giuridico oppure no.

Depressione

Disturbi alimentari e lock down

Problemi scolastici, ansia, dispersione e ritiro

Mobbing: sintomi e cura

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Anoressia

L’anoressia è una malattia inequivocabile. Chi ne soffre prova un intensa paura di prendere peso, la sua autostima è strettamente dipendente dal peso.  Per questo motivo adotta un regime alimentare via via sempre più ferreo. Questo disturbo colpisce in prevalenza le femmine, mentre la percentuale maschile è fra il 5 e il 10% rispetto il totale. Si tratta di una malattia subdola che ha radici genetiche evidenti ancora poco spiegate, sappiamo infatti che chi ha familiari di 1° grado con questa malattia ha una probabilità 11 volte superiore di diventare anoressico.

Nella mia pratica ambulatoriale su disturbi alimentari e anoressia,  ho osservato diversi casi in compresenza del disturbo depressivo o ossessivo compulsivo o di disturbi alimentari, in uno dei genitori o persino negli zii o nei nonni.

Come sappiamo il sintomo più evidente, che porta la famiglia a sviluppare un allarme, è il calo ponderale drastico causato da una dieta ipocalorica protratta nel tempo.

Quali sono i sintomi dell’anoressia nervosa?

Oltre al calo ponderale, nell’anoressia anche il corpo emette dei segnali di allarme che alla lunga divengono preoccupanti, ma questi a volte sono più visibili agli occhi dei curanti, poiché la famiglia può fare più fatica a collegarli alla denutrizione.

Questi sono:

  • l’amenorrea

    (anche se nell’ultima versione del DSM ha perso il suo valore diagnostico in quanto non sempre si riscontra);

  • l’osteopenia

    (riduzione del calcio nelle ossa) e l’osteoporosi, entrambi derivati dal prolungamento dell’amenorrea;

  • gli squilibri elettrofisici,

    dovuti alla prevalenza di alcuni nutrienti rispetto ad altri, anche nei casi in cui oltre ad il cibo si rinuncia, oppure se ne usufruisce in quantità esagerata;

  • la scarsa motilità intestinale   e quindi stitichezza e possibilità di fecalomi;
  • lo sbilanciamento ormonale

    con perdita dei caratteri sessuali secondari, crescita di peluria in tutto il corpo e diradamento dei capelli;

  • l’interruzione dello sviluppo sessuale

    anche irreversibile (ad esempio nel caso meno frequente di anoressia infantile, l’aspetto assunto in età adulta resta invariato, altezza compresa);

  • la debolezza cardiaca

    con possibilità di infarto anche in giovane età.

 

Disturbi alimentari e anoressia sintomi terapia psicologica a Ravenna e Bologna
L’anoressia presenta sintomi gravi, psicologici e fisici.

Gli esordi dell’anoressia

I picchi di esordio sono due: verso i 12 anni (a volte anche prima) e verso i 18. Se tutto va bene il problema è notato, discusso e condiviso in famiglia e da quel punto in avanti parte la cura. Quando preso in tempo,  la cura può avvalersi di uno psicoterapeuta, un neuropsichiatra ed un nutrizionista. Queste ultime due figure possono essere reperibili anche sul pubblico, mentre solitamente l’intervento psicologico ambulatoriale si ferma alla diagnosi e al monitoraggio. Piano piano si recupera peso e la persona fa tesoro dell’episodio. Il lavoro psicologico svela le dinamiche personali, sociali o familiari che hanno facilitato l’esordio dell’anoressia, e quali sono gli strumenti personali idonei a combattere un’eventuale ricaduta.

La terapia dell’anoressia: dall’ambulatorio al ricovero nei casi più gravi

Quando ci si accorge troppo tardi del disturbo alimentare, la consapevolezza del pericolo si fa schiacciante. il genitore spesso spesso porta in ambulatorio il figlio recalcitrante e pronto a venire ai patti,  mercanteggiando le quantità di cibo allo scopo di rinviare la data della visita medica successiva. Chiaramente queste promesse non fanno altro che aggravare la situazione. Il peso perso a un certo punto porterà a una serie di sedute a stretto giro presso gli ambulatori del territorio per la cura dei DCA. Fino ad arrivare a un ricovero per il figlio e quindi, se si tratta di minore, per tutta la famiglia. Questo agli occhi dei genitori sembra rappresentare il passo certo verso la guarigione del figlio anoressico. Spesso però agli occhi del figlio la degenza avrà l’aspetto a metà fra un carcere e un campo di addestramento dove sarà costretto a ingrassare senza controllo.

In verità durante la degenza specialistica inizia tutto un percorso attorno al paziente, sia psicologico che alimentare. Potremmo usare come metafora l’utero materno, dove ci si prepara per una seconda volta al mondo esterno, nutriti nel corpo e nella psiche. In questa fase finalmente il genitore può sentirsi sgravato dal peso di dover “salvare” il proprio figlio, lasciandolo in mano a curanti che sanno il fatto proprio.

 

Il vissuto del ricovero nel paziente

 

Quando lavoravo in ospedale guardando le interazioni fra i pazienti appena arrivati e il resto delle persone mi veniva sempre in testa una scena da film: immaginavo che questi ragazzi giacessero immobili sul fondo di una piscina e da quel luogo così innaturale tentassero di capire le parole di chi dal bordo urlava loro di uscire.

Il deperimento del corpo da una parte porta a un distacco da tutto e tutti, ma dall’altra, quella meno visibile, porta al raduno di tutte le energie mentali per pensare al cibo e tentare di controllare la dieta.

Il vissuto del ricovero nei genitori

Nel frattempo il genitore torna a respirare per un po’ fino a quando si giunge alla data di dimissione e qui le reazioni della famiglia e del figlio possono essere davvero molto contrapposte. Se quest’ultimo può viverla come una specie di scarcerazione, il genitore può essere terrorizzato all’idea di dover gestire i sintomi di controllo sul cibo da solo. Dovranno almeno in parte ricrearsi i ritmi sicuri dei pasti che il giovane paziente condivideva assieme agli altri ricoverati e ai curanti.  Inoltre è bene iniziare quanto più possibile una psicoterapia, proprio perché i “demoni” dell’anoressia sono sopiti ma non del tutto sconfitti.

La psicoterapia dell’anoressia

In collaborazione tra psicoterapeuta, medico e nutrizionista possiamo assistere al rifiorire della persona, anche se ‘occorrerà del tempo per recuperare il tempo perso.’ Voglio usare questo gioco di parole per spiegare come l’anoressia non rappresenti solo un problema sul peso, ma anche un blocco nello sviluppo psicosociale che inevitabilmente porta a un ritardo. Più tempo si è stati anoressici è più ritardo si è accumulato.

È perciò abbastanza normale assistere a crisi adolescenziali in pazienti di 20 anni e più durante la psicoterapia.

Non solo, ma anche le relazioni sentimentali spesso prima della malattia sono inesistenti, proprio perché il corpo denutrito porta a una diminuzione di libido e quindi di attrazione verso l’altro. Perciò tutto dopo la malattia risulta abbastanza nuovo e fonte di ansia.

Proprio per questo, onde evitare ricadute è molto importante concentrarsi sulle esperienze e sull’autonomia.

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Bulimia

Psicologa a Ravenna e Bologna esperta in disturbi alimentari bulimia anoressia obesità

 

Bulimia

Lavorando da 20 anni con i disturbi alimentari e Bulimia, ho potuto osservare da vicino quali sono quei fattori presenti in ogni persona che ne soffre e quali invece a volte possono non esserci e diventare un segnale prognostico positivo, (come ad esempio, un livello di perfezionismo gestibile o un rapporto coi familiari più funzionale).

La Bulimia, ad esempio ha alcune similitudini con l’anoressia ma anche profonde differenze rispetto la percezione di sé e del proprio sintomo.

Partiamo dagli aspetti in comune con l’anoressia:

  • La paura di ingrassare
  • L’immagine corporea deformata
  • L’autostima oscillante in base al peso

 

Inoltre, secondo il DSM V, la bulimia è caratterizzata da:

  • Ricorrenti abbuffate almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi.
  • Sensazione di perdita di controllo durante le abbuffate.
  • Strategie compensatorie dopo le abbuffate:
    • Vomito
    • Lassativi
    • Diuretici
    • Esercizio fisico convulso

 

Gli eventi scatenanti

Solitamente questo la bulimia  inizia in tarda infanzia o adolescenza e può essere scatenato anche da un evento stressante a volte talmente grave da poter essere definito trauma:

  • Problematiche famigliari
  • Difficoltà relazionali
  • Difficoltà scolastiche
  • Bullismo
  • Violenze fisiche o sessuali
  • Abusi sessuali
  • Lutti gravi

 

Per il resto sul piano psicologico ciò che caratterizza la bulimia e la distingue dall’anoressia è il caos emotivo e il senso di vergogna a causa della propria immagine e dell’uso delle suddette “strategie compensatorie” all’alimentazione.

Inoltre la bulimia al contrario dell’anoressia è invisibile.

Chi ne soffre difficilmente è sottopeso e quando lo raggiunge non arriva quasi mai a cali preoccupanti. Tutto avviene di nascosto. A volte l’abbuffata è organizzata, altre volte no. Il resto avviene per lo più in una stanza chiusa a chiave. Ci sono casi in cui i genitori o il partner non lo scopriranno mai. Io stessa in alcuni casi sono venuto a saperlo dopo molto tempo in terapia.

 

 

 

Bulimia : Non è facile confessarlo.

Ci vuole coraggio, tanto coraggio, per dire all’altro che la persona che ha davanti è solo un involucro di qualcosa di più molle, indefinito e poco domabile. Si dà per certo che là fuori nessuno lo accetterà.

Eppure aprirsi è un passo essenziale per guarire.

Successivamente in terapia si fa squadra per arginare la pulsione, combattere la dipendenza dal vomito e infine a regolare le emozioni.

Questo passaggio è fondamentale, perché l’abbuffata funziona come un salva vita emozionale di fronte a un sovraccarico emotivo. L’aumento della serotonina a causa dell’apporto dei carboidrati assieme alle endorfine dovute al vomito porta a una sorta di ripristino emotivo che parte da uno stato di relax molto simile a quello successivo a una sessione di jogging.

Possiamo parlare quindi di una dipendenza dal vomito, motivo per il quale bisognerebbe sentirsi molto orgogliosi di sé per tutto quello che si mette in atto allo scopo di sconfiggerla, ma ciò non sempre avviene a causa dei vissuti fallimentari nei confronti del corpo e del peso.

Disturbi alimentari e EMDR

Disturbi alimentari e lock down

Disturbi alimentari e attaccamento

Dismorfofobia: il disturbo dell’immagine corporea

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Dismorfofobia: il disturbo dell’immagine corporea

 

Dismorfofobia:

Il disturbo dell’immagine corporea

 

 

Avendo lavorato come psicologa per i disturbi alimentari in ospedale, posso dire che da sempre mi trovo a combattere assieme ai miei pazienti con questo disturbo dispercettivo davvero subdolo.

Come funziona la dismorfofobia: il disturbo dell’immagine corporea

Per Dismorfofobia intendiamo una vera e propria dilatazione dell’immagine corporea percepita e il conseguente abbrutimento di essa. Questo processo in genere porta molta preoccupazione E alla lunga un senso di impotenza davvero preoccupante. Ci si preoccupa di quale sarà il giudizio degli altri all’esposizione di Sè o di quella parte del corpo percepita come inaccettabile. Questo disturbo non colpisce solo chi soffre di disturbi alimentari, ma anche chi ha ricevuto feedback negativi ancora più distruttivi se in crescita, come ad esempio nel bullismo, dove lo si può notare se l’attacco avveniva verso una specifica parte del corpo. In terapia ad esempio ho assistito a critiche feroci su bocche, nasi e altri parti del corpo  assolutamente normali.

Le cause della dismorfofobia: il disturbo dell’immagine corporea

Esistono diverse condizione che predispongono alla DM Dismorfofobia:il disturbo dell’immagine corporea):

  • l’autostima oscillante come nel caso dell’adolescenza in generale.
  • una ferita consolidata sulla propria autostima, come le vittime di bullismo  o di malattie degenerative come la sclerosi multipla o di malattie invalidanti come il tumore.

Quali sintomi comporta la dismorfofobia:

questo didisturbo mette in atto una serie di comportamenti disadattivi che presentano differenti gravità:

  1. spendere molto tempo nel check allo specchio della zona del corpo bersagliata dalla dismorfofobia
  2. Intraprendere comportamenti pericolosi mirati alla modifica corporea, fra cui:

Diete sconsiderate

pratiche sportive estreme

uso di filler domestici non autorizzati

chirurgia estetica presso professionisti compiacenti.

Terapia sulla dismorfofobia

Parlo di lotta contro questo disturbo, perché purtroppo se all’inizio si installa e viene influenzato dai feedback esterni, ad un certo punto, quando passa ad uno stato di cronicità si autoalimenta e spesso quando a livello sintomatico sia in anoressia che in bulimia si guarisce esso rimane più “arrabbiato che mai” perché la parte anoressica/bulimia  residua riesce ad alimentarlo comunque.

Ecco perché da un pò di tempo a questa parte prediligo l’EMDR per accelerare l’integrazione mente corpo. Assieme ad esercizi sull’immagine corporea, per arrivare ad una elaborazione profonda che rompa il circuito di pensiero, emotivo e corporeo e produca associazioni nuove su quell’immagine.

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Cura della depressione Psicologa Ravenna Bologna Dott. Savarino 01 Mag 2019
Disturbo Disforico Premestruale

DISTURBO DISFORICO PREMESTRUALE

Il disturbo disforico premestrual fino a poco tempo fa era considerato una sorta di leggenda metropolitana, sostenuta dal fatto che i primi studi riportavano percentuali significative bassissime fra le donne, forse per la scarsa divulgazione della diagnosi, oppure per la tendenza tutta al femminile a normalizzare la sofferenza come inevitabile fenomeno del ciclo di vita. Nella penultima edizione del Diagnostic Statistic Manual V questo disturbo è enumerato fra i disturbi depressivi, il che ci dice molto dell’incidenza del Disturbo Disforico Premestruale o DDPM nella qualità della vita delle donne.

Ma vediamo da vicino di cosa si tratta.

Per DPPM intendo una costellazione di sintomi presenti nel periodo precedente l’inizio del ciclo come ad esempio:

  • Depressione
  • Irritabilità
  • Rabbia
  • Labilità affettiva
  • Ritenzione idrica
  • Dolore muscolare
  • Difficoltà di concentrazione
  • Variazione dell’appetito e del sonno
  • Diminuzione degli interessi
  • Letargia

 

Almeno 5 di questi devono essere presenti e non deve mancare uno o più dei sintomi umorali.

Nella mia esperienza, l’80% circa delle pazienti con depressione portavano un aggravamento dei sintomi in fase premestruale, ma solo 2 pazienti su 10 nonostante sapessero di cosa si trattasse erano consapevoli di soffrirne.

Il disturbo disforico premestruale può attenuarsi molto, e in alcuni casi scomparire, tramite la psicoterapia grazie a diversi strumenti messi a punto nel tempo:

  • Psico-educazione sul DDPM (cos’è, come funziona, quali integratori utili)
  • Monitoraggio sui cicli mestruali
  • Monitoraggio e rielaborazione dei pensieri disfunzionali
  • Presentazione del modello cognitivo su come funziona l’ansia e la depressione in DPPS
  • Collaborazione col ginecologo di riferimento

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Psicoterapia per il binge eating Dottoressa Savarino a Ravenna e Bologna 01 Mag 2019
Binge Eating

 

BINGE EATING

Il binge eating disorder (BED), o disturbo dell’alimentazione incontrollata, è molto simile alla bulimia, ma non presenta le condotte compensatorie.

Il sintomo prevalente è l’abbuffata, che deve comparire almeno una volta la settimana per 3 mesi. Rispetto agli altri disturbi della nutrizione è molto più diffuso fra i maschi (circa il 40% della popolazione totale).

Secondo il DSM V l’abbuffata è un’ingestione di cibo in un determinato periodo di tempo la cui quantità supera quella che la maggior parte degli individui ingerirebbero nello stesso tempo.

Un po’ complicato come concetto ma migliore delle definizioni presenti che lasciavano all’individuo la propria personale definizione di abbuffata (Russel, 1979).

Inoltre come accade spesso in Bulimia, essa  è caratterizzata dalla solitudine e porta a sentimenti di perdita di controllo e vergogna e solitamente avviene fuori pasto, con cibo caratterizzato da basso valore nutritivo ma alto tasso calorico. A differenza della Bulimia, dove le abbuffate peggiorano a seguito dalle restrizioni caloriche, nel BED questo fenomeno non esiste: dieta o meno ci si abbuffa lo stesso.

Il risultato è un Indice di massa corporea BMI preoccupante che porta a un problema fisico ad alto indice di mortalità: l’obesità.

Ma cosa succede nella psiche di chi ha un BED?

È stato osservato come chi soffre di questo disturbo mostra un tipica  personalità organizzata sulle seguenti dinamiche:

  • Paura delle critiche
  • Incapacità di gestire le frustrazioni
  • Tendenza a rifugiarsi in fantasie irrealizzabili
  • Visione di sé in bianco e nero: o si è bravissimi o falliti
  • Negazione del pericolo di morte

 

Questa tipologia di personalità deve poi fare i conti con gli inconvenienti della vita che la porteranno a sviluppare il BED.

I fattori che mantengono il disturbo e ostacolano la guarigione sono:

  • I commenti negativi della gente sull’aspetto fisico.
  • Le dinamiche familiari e di coppia.
  • La presenza di altri disturbi alimentari o obesità all’interno del nucleo familiare.

 

Inoltre il corpo così ingombrante spesso rappresenta una difesa dall’altro, ma anche un modo per mantenere la relazione coi propri familiari, più simile a quella fra bambino e genitori.

Il lavoro con il paziente BED deve necessariamente avvalersi di una collaborazione con un nutrizionista che monitori e suggerisca strategie alimentari alternative. Inoltre, come in Bulimia è necessaria una presa d’atto delle emozioni che sottendono l’alimentazione.

 

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