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Ricordare l’abuso infantile
Ricordare l’abuso infantile
Quando parliamo di abuso infantile dobbiamo riferirci ad un atto, spesso ripetuto nel tempo di carattere violento, verbalmente o fisicamente, di tipo fisico o sessuale. Questo agito, o serie di agiti, capita nell’età più delicata per la formazione della struttura difensiva psichica, cioè in quel lasso di tempo che va da 0 ai 14 anni. Sebbene si possa definire l’ultimo periodo come pre adolescenza è bene comunque considerare gli accadimenti in questa fascia di età come in quella infantile, perché la persona non può essere definita capace di intendere e volere un esperienza di questo tipo in quanto ancora con psiche e cervello in formazione.
Si può ricordare l’abuso infantile?
Certo, in molti casi, specie superati i 4 5 anni l’abuso si ricorda. Dobbiamo però tenere in considerazione l’emozione di vergogna associata all’abuso, specie se esso è di natura sessuale. La vergogna infatti contribuisce alla sopraffazione emotiva della persona durante l’atto e alla conseguente mancata registrazione in memoria. Quando invece nonostante tutto si produce un ricordo, il cervello umano crea immagini sensazioni ed emozioni riferiti ad esso, all’interno di frammenti chiusi, che però di tanto in tanto si fanno sentire arrecando forte disagio emotivo. La persona abusata di solito cerca di tenere lontano il più possibile questo sentire, anche attuando strategie di evitamento molto simili a dei rituali ossessivi. Spesso infatti si evitano determinati argomenti, luoghi, riferimenti intellettuali ecc… che in un qualche modo possano essere connessi all’abuso. Sovente queste strategie portano a mezzi di sedazione emotiva, come l’abuso di cibo, alcool e droghe. L’uso di questi “diversivi”può portare ad una vera e propria dipendenza. Secondo uno studio canadese del 2016 (Esme Fuller-Thomson dell’Università di Toronto) un soggetto su cinque dipendente da droghe o un soggetto su sei dipendente da alcol ha subìto violenze sessuali nell’infanzia. Inoltre, proprio per questa difesa evitante, in persone vittime di abuso sessuale infantile, la sessualità può risultare compromessa e anorgasmica.
Ricordi precoci
Prima dei 4, 5 anni questi circuiti chiusi possono essere ancora più poveri, e considerando il fatto che a quell’età il bambino fa più fatica ad identificare le emozioni correttamente, spesso rimangono delle sensazioni fisiche associate ad immagini che possono turbare moltissimo la persona abusata in quanto fuori contesto e appartenete alla sfera infantile. Questa è la causa maggiore di inibizione dei genitori nel contatto fisico coi propri figli piccoli.
La sensazione generale indotta da questi frammenti impliciti di memoria è di disagio nei confronti di sé come persona e del proprio corpo, come se all’interno di sé si nascondesse qualcosa di sporco e silente.
Ricordare l’abuso infantile improvvisamente
A volte, anche se raramente può capitare che una determinata situazione “triggeri” lo sblocco di una memoria implicita. Ciò accade perché quella determinata situazione porta l’individuo a sentirsi come quando è capitato l’abuso o perché ha connesso una caratteristica forte (un particolare odore ad esempio) associata a quella memoria implicita.
Ricordare l’abuso infantile in terapia
Nel percorso terapeutico EMDR con una persona che ha subito abuso infantile, può accadere qualche volta che un frammento mnestico torni a galla. Ma essendo appunto una eventualità nel percorso psicologico è meglio utilizzare l’EMDR su ciò che il paziente porta, cioè le sue sensazioni e i frammenti di ricordo, perché il lavoro si valida lo stesso consentendo alla persona di oltrepassare i ricordi e tutte le emozioni e sensazioni negative ad esso associate e di costruire una cornice alla storia dell’abuso che possa essere inserita nella grande parete della propria narrazione.
I miei nuovi strumenti per affrontare il disagio psicologico e il trauma
dott. Francesca Savarino
via della Catalana 3 Ravenna
Via Bezzecca 13 Bologna
3929644949
savarino.francescapsy@gmail.com
Adolescenti / Adulti / Ansia / Bologna / didturbi ossessivo compulsivo / Disturbi alimentari / disturbo ossessivo compulsivo / Famiglia / Psicologa / Ravenna / Trauma / Tricotillomania
Tricotillomania cause
Tricotillomania cause
La tricotillomania è stata posta nel DSM 5 (Manuale psichiatrico statistico e diagnostico) nella categoria del disturbo ossessivo-compulsivo per via della natura impellente dello strappare capelli e/o sopracciglia e della difficoltà a porre termine al comportamento.
I dati sulla tricotillomania
La prevalenza della tricotillomania nella popolazione generale è dello 0,5-2% e l’esordio coincide con la pubertà (10-13 anni). Quando la malattia insorge prima, solitamente si risolve con lo sviluppo, per poi tornare successivamente o mutare in un disturbo ossessivo vero e proprio.
Il disturbo colpisce in maniera uguale bambini maschi e femmine, mentre dalla pubertà è più comune nelle femmine, o, quanto meno è questo il genere che chiede si più l’aiuto, psicologico. Possiamo ipotizzare sia dovuto al fatto che la perdita di capelli nelle ragazze sia vissuto come più stigmatizzante e meno gestibile.
Tricotillomania cause
Dato che cause specifiche non sono state ancora trovate, trovo più corretto parlare di fattori scatenanti e predisponenti: genetici, ormonali ed ambientali.
Fattori scatenanti
Essi sono molteplici, dall’esposizione a stress prolungato, l’ansia cronica o la presenza di altre patologie della sfera psichica come disturbi dell’umore, del comportamento alimentare o ossessivo compulsivi
- ansia e stress prolungati: coloro che sono sottoposti ad eventi stressanti per un lungo periodo o vivono stati d’animo di ansia cronica possono sviluppare tricotillomania.
- eventi stressanti acuti: qualsiasi evento drammaticamente stressante può favorire la comparsa del disturbo.
Fattori predisponenti
- comorbilità psichiatriche: la tricotillomania può comparire in comorbilità con altri disturbi psichiatrici come ad esempio:
- disturbi della personalità
- disturbi ossessivo compulsivi
- disturbi dell’umore
- anoressia
- bulimia
- Fattori genetici: familiari di 1 grado (presenza in famiglia di altre persone affette da disturbo ossessivo compulsivo o tricotillomania).
- Elevato livello di perfezionismo.
- Difficoltà nella regolazione delle emozioni (molto percepita nei momenti di noia, spesso scatenati la compulsione).
Psicoterapia EMDR per la cura della TRICOTILLOMANIA
il percorso psicologico con chi soffre di questo disturbo si muove su più livelli:
- Lavorare in profondità sui ricordi e le cause che sostengono i fattori psicologici predisponenti, per rendere la persona più forte ed efficace nel gestire i momenti di stress che scatenano la compulsione.
- Lavorare sulla compulsione stessa, tramite sessioni EMDR atte ad abbassare l’attivazione psicologica che scatena il comportamento di picking su peli e capelli.
- Lavorare sull’integrazione della persona e sulla ricerca di modalità di regolazione emotiva più funzionali.
Dottoressa Francesca Savarino
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Psicologa Ravenna
Nasco qui, in questa perla strategica della Romagna, rinomata per l’accoglienza, il buon cibo e il mare a portata di bicicletta, e sebbene io abbia cambiato residenza ormai da un decennio, ho sempre mantenuto uno spazio di attività fra i luoghi che conosco e mi hanno vista crescere. -psicologa Ravenna-
Attività psicologiche a Ravenna
Come psicologa a Ravenna ho potuto perfezionare l’attività di sportellò psicologico nelle scuole nei licei: Aristico, Classico, ed economico sociale per 11 anni e presso le sedi comunali, occupandomi sia degli adolescenti che degli adulti che ne richiedevano l’accesso.
Inoltre, come psicologa a Ravenna dal 2002 ho avviato il mio studio professionale, dove affronto le problematiche psicologiche più rilevanti in questo secondo millennio ferito da gravissimi eventi come la guerra e la pandemia.
Mi occupo perciò grazie ad un approccio integrato fra psicoterapia dialettica e tecniche desensibilizzazione dello stress e del trauma (EMDR DBR ecc..)di lenire l’ansia, la depressione il lutto e curare, gli attacchi di panico, i disturbi ossessivo compulsivi, e dei disturbi alimentari, anoressia, bulimia, binge eating. Mi occupo inoltre dai problemi derivanti dal discontrollo degli impulsi come la tricotillomania, onicofagia, prurito psicosomatico e dai disagimpsicologici derivati da malattie invalidanti come la psoriasi e la dermatite atopica. Per quanto riguarda le tematiche più recenti affrontate in psicoterapia, a seguito del lungo periodo di lock down mi trovo sempre più spesso a lavorare con stati di disconnessione e disregolazione emotiva è vero e propri stati dissociativi.
-psicologa Ravenna-
I miei nuovi strumenti per affrontare il disagio psicologico e il trauma
Dottoressa Francesca Savarino
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Articoli
Sono Francesca Savarino, psicologa e psicoterapeuta e questi sono gli articoli del mio blog. In questa sezione potrete leggere gli articoli che scrivo e le mie riflessioni sugli aspetti problematici sul piano sociale e psicologico che incontro sia nel lavoro in studio. In questo blog cerco di riflettere sulle problematiche che affronto assieme al cliente osservando l’impatto che gli enormi cambiamenti di questi ultimi decenni hanno avuto sulla nostra vita.
Questo spazio editoriale serve anche per rappresentare le intuizioni e le nuove strategie di cambiamento con cui mi muovo quando affronto con il cliente ciò che per lui è più doloroso. Queste strategie fanno parte di un bacino sempre in mutamento e in sviluppo grazie alle nuove indicazioni terapeutiche supportate anche dal punto di vista scientifico, che mettono al centro della cura psiche e corpo.
Gli articoli di questo blog non rispettano un ordine preciso, se non quello cronologico con cui li ho scritti. Del resto quando ti trovi a lavorare in studio fra un caso e l’altro, tendi a riflettere su una marea di connessioni, a volte sovrapponibili, ma sempre diverse e ricche di sfaccettature. Ecco di seguito l’elenco su cui cliccare per entrare direttamente nell’articolo scelto, e a seguire a rotazione tutti gli articoli.
L’adolescenza e il ritiro sociale: gli Hikikomori
Disagio derivato dal proprio orientamento sessuale
Quando il padre è questo sconosciuto
L’adolescenza e il ritiro sociale: gli Hikikomori
Adolescenti / Adulti / Depressione / Disturbi alimentari / Famiglia
Disturbi alimentari e lock down
Sappiamo tutti quanto sia stato pesante il periodo speriamo appena passato caratterizzato dal Covid 19. Sappiamo quanto sia stato devastante sul piano delle perdite, purtroppo però ancora non si sa quanto lo sia stato sul piano psicologico. -disturbi alimentari e lock down-
Stato dell’arte di un problema nel problema
Non c’è stato un monitoraggio completo in Italia, ma esistono un sacco di ricerche all’estero che riportano un aumento di sintomi psicologici a volte fino a più 60% specie se si tratta di depressione.
La Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare stima un aumento dei disturbi alimentari del 40% di nuovi casi, la cui maggioranza ovviamente sarà rappresentata dagli adolescenti.
Comportamenti come improvvisi digiuni o limitazioni dei pasti, abbuffate, vomito, sono spesso purtroppo associati ad autolesionismo. Quest’ultimo è ritornato purtroppo, prepotentemente in auge durante i periodi di isolamento dal mondo, sia fra gli adolescenti, sia fra i giovani adulti.
Esordio dei disturbi alimentari: È assolutamente necessario fare un distinguo.
Voglio provare a semplificare cosa ho osservato in questi due anni. Per prima cosa vi devo dire che non necessariamente il disturbo alimentare ha colpito chi già era predisposto per questo sintomo.
La partenza è stata uguale per tutti: isolamento e assenza di stimolazioni sociali non mediata + immobilità e variazione nell’alimentazione.
La partenza e l’impotenza
Sia per quanto riguarda l’adolescente che l’adulto, spesso la prima parte del lock down ha coinciso con un cambio corporeo, non solo per quanto riguarda il peso ma anche per LA FORMA FISICA. Questo ha portato ha un adattamento psicologico tramite strategie compensatorie: equilibrate, oppure come nell’esordio anoressico, purtroppo NO.
E questa è la versione “facile”.
Si fa per dire perché comunque con lo “scivolamento in anoressia” esiste una sorta di meccanismo autoinstallante che fa sì che a predominare siano solo i pensieri sul cibo.
Poi c”è quella difficile, quando la persona che si avventura nella bolla di isolamento ha già di suo problemi di regolazione emotiva. Male, perché è in quella dannata bolla che scoprirà di potersi perdere ancora più facilmente ed essere preda di tempeste emotive. Il sintomo alimentare sarà per lei la soluzione temporanea, perché tramite digiuno, abbuffata o vomito (o in taluni casi con l’autolesionismo) avrà l’illusione di tornare a stare meglio.
Psicoterapia con i disturbi alimentari nati in lock down
Sia nel primo che nel secondo caso è necessario un percorso di psicoterapia che usi psicoeducazione, faccia leva sulle risorse della persona e offra tutte gli strumenti possibili per contrastare il comportamento, inoltre grazie all’emdr si può lavorare sia sull’immagine corporea per aumentare l’integrazione con l’immagine di sè sia per abbassare la pulsione alle abbuffate.
Dismorfofobia: il disturbo dell’immagine corporea
o tramite i miei riferimenti
Dott.ssa Francesca Savarino
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Adolescenti / Depressione / Emdr / Famiglia / Trauma
Depressione femminile
Depressione femminile e incapacitá di dire di no.
Mi capita molto spesso lavorando con gli adulti come psicologa a Ravenna e Bologna , di incontrare donne , che arrivano in terapia perché si sono rese conto che la maggior parte delle scelte fatte nella loro vita non sono state libere, ma hanno funzionato da compromesso con i loro sensi di colpa e il loro senso del dovere . Sono donne sfinite dai mille compiti che si sono accollati nella vita e spesso si sentono estremamente sole di fronte ad essi.
Quando iniziano una terapia spesso sono già mogli, madri e grandemente lavoratrici. Hanno aspettato decenni per iniziare perché in un modo o nell’altro sono sempre riuscite a fare tutto ma è come se un certo evento abbia illuminato il cratere che le separa dalla felicità consapevole. -depressione femminile-
Piccola definizione della felicità
Intendiamoci, non possiamo essere sempre felici, ma possiamo sentirci profondamente in contatto con ciò che ci fa felici, e riuscire a risintonizzarci frequentemente con questa emozione. Perché per natura un emozione è di durata breve.
Il bambino che c’è in noi
Una donna che arriva a mettere in dubbio l’autenticità delle scelte che ha fatto nella sua vita quasi sempre è stata un genitore dei propri genitori.
Sul piano cognitivo ha funzionato e funziona benissimo, ma sul piano emotivo è come se una parte di lei fosse rimasta a quell’età ribadendo sempre a se stessa ciò che ha imparato: “è necessario che io accolga i problemi degli altri, anche se poi non ci sarà più spazio”.
Assertività
Quando si cresce con questo diktat solitamente non si fa esperienza con la RABBIA.
ESSA è vissuta come minacciosa. Spesso si pensa che la conseguenza della rabbia sia la distruzione e soprattutto l’abbandono dei propri cari.
Esiste però una forma comunicativa chiamata ASSERTIVITÀ che ti permette di esprimere la rabbia senza ferire nessuno.
Le conseguenze della mancanza di espressione della rabbia.
Quando una persona non può permettersi di esprimere la propria rabbia inevitabilmente la introietta, la rivolge cioè verso se stesso. Questo processo porta frustrazione, bassa autostima e DEPRESSIONE.
Essendo però persone ad alto funzionamento, giungono in terapia lamentando pochi sintomi, spesso somatici, come ad esempio, reflusso gastroesofageo o sindromi dolorose atopiche più o meno diagnosticate, e problematiche funzionali come l’insonnia.
-depressione femminile-
Disturbi alimentari e lock down
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Didattica a distanza (DAD) e ritiro sociale
È lunedì e nel mio studio di psicoterapia per gli adolescenti, hanno appena suonato.
Per tanto accolgo lei alla porta, che mi oltrepassa senza guardarmi e si siede poggiando la testa sulla scrivania. Ha 17 anni ed è già arresa alla vita. Non posso immaginare che cosa le sia capitato, posso fargli solo capire che è evidente per me che la sua giornata è stata terribile.
“Siamo tornati in presenza” mi dice con un filo di voce.
Io correggo la mia espressione immediatamente. Stavo per sorridere a questa notizia è non è giusto, perché lei sta soffrendo. “Ma non è la stessa didattica in presenza che sognava un mese fa? Cosa caspita sta succedendo?” Mi chiedo.
Cerco di capire meglio l’origine di quella disperazione e mi viene in mente il film “le ali della libertà”, dove un ergastolano in attesa della libertà condizionata farà di tutto per restare in carcere. Quelle quattro pareti, quei 12 metri rappresentavano l’unica casa che quell’uomo conoscesse, l’unico confort.
Un principio basilare in psicoterapia, così come nella vita determina che più metti in opera una cosa è più continuerai a metterla in opera. Succede per la sete, succede per la fame, succede per il sesso, succede per ogni tipo di dipendenza e succede anche per il ritiro sociale.
Oggi, a più di un anno di distanza dall’inizio della pandemia siamo passati dall’alienazione nei confronti del apprendimento online all’ansia d’inserimento in classe: Quando si dice il danno e la beffa.
Il primo giorno, dopo mesi in cui l’esposizione del proprio corpo era stata cancellata dalla didattica a distanza poteva essere un giorno felice sulla carta e invece si è rivelato una ennesima prova da sostenere. Ma quel nuovo inizio è stata una vera fustigata all’amor proprio.
Eppure è sano tornare a scuola, lo so per certo.
Passa, mi dico e le dico, “ti abituerai.”.
“No, non mi abituerò. Dopodomani tornerò a studiare da casa, perché siamo al 50 per cento delle presenze.” Ha ragione lei, come può abituarsi se non crea un abitudine. Ci vorrà il doppio del tempo, praticamente ci arriverà quando dovrà di nuovo abbandonare i banchi di scuola, alla fine dell’anno. Nel frattempo cucirò e riparerò gli strappi a cui andrà soggetta la sua autostima sapendo che ad ogni rattoppo ci sarà un altro sbrago con l’incrollabile speranza che sia appena un po’ più piccolo.
Questa non è la storia di una mia paziente, è un insieme di storie così simili da incastrarsi perfettamente in una sorta di puzzle dove per adesso, manca sempre l’ultimo pezzo.
Il Lockdown ha letteralmente rovesciato la scatola fuori dalla finestra e adesso siamo qui io e lei, io e loro, stesi sul pavimento a cercare, nell’incrollabile speranza che quel pezzo non se ne sia volato fuori.
È dell’adolescenza friabile, al limite della rottura che parlo, quella che si rivolge a me perché in preda ad attacchi di panico, a un corpo rifiutatato, a rituali ossessivi, alla depressione.
Io che sono adulta so che arriveranno tempi migliori, perché ho visto in televisione Chernobyl, la caduta del muro di Berlino, la guerra in Kossovo, il terremoto in Irpinia, in Abruzzo e ho sentito con le mie gambe quello Emiliano.
So che l’uomo ha questa meravigliosa capacità di ricostruzione e, a differenza dell’adolescente che vi ho descritto, che per età non riesce a farlo, io non concepisco i miei anni come tutta la mia vita.
So, che fra 20 anni questo sarà solo un pugno di anni disgraziato, che grazie al nostro innato ottimismo mnestico e ai percorsi di psicoterapia, diluirà la sua portata negativa nel tempo, ma oggi siamo ancora tutti stretti in questo pugno.
Ma oggi, se solo potessi mi farei trasparente per accompagnarli di fronte al portone della scuola, per sostenere i loro sguardi, per abbracciarli in mezzo alla folla.
Hikikomori: adolescenti in ritiro sociale.
Adolescenti / Famiglia
L’adolescenza e il ritiro sociale: gli Hikikomori
Per Hikikomori, termine giapponese che significa “evaporati” intendiamo adolescenti e giovani adulti che decidono spontaneamente di isolarsi dalla società, abbandonando ogni contesto sociale scolastico e lavorativo.
Questo fenomeno, sempre più in crescita anche in Italia, riguarda in prevalenza i maschi.
LE IMPRESSIONI DEGLI ESPERTI
Durante il convegno IN.CON.TRA sugli adolescenti a Verona, è intervenuto il Dott. Lancini, presidente dell’associazione Minotauro (osservatorio privilegiato dei cambiamenti socio-psicologici dell’adolescente).
Il collega ha definito il fenomeno Hikikomori come esattamente opposto al Dca femminile. Ciò mi ha riportata al concetto di famiglia “anoressica”, così descritta nel Libro sempre attuale di Minuchin, “Famiglie psicosomatiche”. Questo tipo di famiglia è composta da una madre che tende alla simbiosi e un padre più satellite. Per questo motivo mi è apparsa molto simile a quella dell’adolescente che si ritira dal mondo.
Infine, ho pensato al carattere ossessivo e dipendente tipico di entrambi i casi.
COME “NASCE” UN HIKIKOMORI
L’adolescente ritirato è intelligente e non dà segnali di disagio visibili all’occhio materno, fino a quando un fattore precipitante, specie in seconda o in terza media, gli restituirà un’immagine di inadeguatezza. Egli è cresciuto nella certezza che sarebbe stato da grande efficiente e speciale. Purtroppo però, non avendo fatto esperienza del fallimento è dotato di un Sè fragile. Quando il figlio si oppone a qualsiasi attività al di fuori della propria stanza o del proprio domicilio, la madre inizia a provare un’angoscia di morte talmente profonda da portarla ad agire il più presto possibile una risocializzazione. Ella cercherà quindi di richiamare i vecchi amici per indurli ad andarlo a trovare. Ma quel figlio non è più connesso con loro quanto piuttosto con gli amici virtuali che potrà aver trovato nelle web community, piuttosto che negli online games. La scelta migliore su cui dobbiamo paradossalmente puntare per un ritorno alla socialità è proprio questa. Cercando di favorire un passaggio da virtuale a reale di queste conoscenze.
COME INTERVENIRE
Il lavoro con l’adolescente ritirato necessita di uno spazio familiare che permetta di riconoscere e leggere i codici affettivi familiari e di poterli modificare in parte per favorire la guarigione del figlio. Questo può avvenire se necessariamente i genitori mettono da parte i propri ideali individuali e si coinvolgono nella terapia.
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Dottoressa Francesca Savarino
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Adolescenti / Famiglia
Disagio derivato dal proprio orientamento sessuale
In questi ultimi 20 anni l’omosessualità e la bisessualità hanno beneficiato di uno sdoganamento culturale che però non ha coinciso con una completa apertura mentale da parte della famiglia. Tuttora in studio ricevo adolescenti e giovani adulti molto in difficoltà per via della mancanza di accettazione da parte dei genitori.
CHE COSA È CAMBIATO NEGLI ULTIMI 15 ANNI
Dal mio osservatorio privilegiato all’interno della scuola ho assistito alla presa di coscienza delle ragazze lesbiche e alla formazione di gruppi molto popolari. Questo fenomeno ha portato col tempo a normalizzare l’identità omosessuale fra le ragazze etero. L’omosessualita al maschile invece è restata più silenziosa, ma certamente più aperta agli amici stretti rispetto al secolo scorso, quando le insinuazioni erano molto più numerose delle rivelazioni.
COMPLICANZE DEL COMING OUT
Il coming out in famiglia è un passaggio comunque delicato.
Il sui fallimenti può essere determinato da:
- paura del genitore che il figlio venga per tutta la vita discriminato come omosessuale.
- non accettazione della sessualità del figlio e quindi il figlio stesso.
Questo ultimo caso è davvero molto drammatico e può determinare una distanza insanabile. Il disconoscimento accade quando l’investimento sul figlio ha avuto a che fare con un bisogno del genitore di colmare i propri vuoti.
Quando il figlio che si ha davanti non coincide più con l’immagine di lui si può restare sopraffatti dallo smarrimento e dall’angoscia. In questo caso il genitore ha reazioni scomposte, altalenando avvicinamenti chiarificatori a dichiarazioni rabbiose. Un comportamento alla lunga deleterio ma difficile da sradicare perché dettato dalla paura.
Un figlio che ha un genitore che rifiuta l’omosessualità si sente in colpa, sbagliato e allo stesso tempo tradito. Così oltre a dover gestire le delicate relazioni all’esterno della famiglia, bisogna processare il lutto dell’immagine del genitore che si aveva prima. Infine, piano piano, bisogna costruirne un’altra integrata di queste parti così spigolose.
L’AIUTO TERAPEUTICO
Il lavoro in terapia può avvenire con entrambe le parti.
Quando è un genitore a chiamare, lavoriamo assieme su cosa sottende alla propria delusione e allo stesso tempo sulle potenzialità della parola “omosessuale”.
Quando è un figlio a chiamare, oltre ad elaborare il lutto di cui sopra si valuta assieme quali possibilità oggettive ci sono di mettersi in relazione con il genitore. Nel caso il rifiuto sia definitivo è fondamentale in un secondo tempo tentare di recuperare ciò che di buono c’è stato. Quando è possibile questa parte va ad arricchire il patrimonio emotivo della persona.
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Adolescenti / Famiglia
Quando il padre è questo sconosciuto
Lavorando con gli adolescenti mi capita sempre più spesso di ricevere contatto e richiesta di presa in carico del figlio da parte delle sole madri. In questo caso particolare l’assetto famigliare principale è composto da madre, compagno e figli. Genitori e adolescenti