Adolescenti / Depressione
La ferita del bullismo
Dovendo pensare a quale fattore traumatico in adolescenza determini il sintomo più persistente in terapia io penso al bullismo.
Penso a questo fenomeno così citato fra le testate giornalistiche, per prima cosa per la costellazione di sintomi che si porta dietro.
I sintomi del bullismo
Depressione, autolesionismo, disturbi alimentari, dismorfofobia spesso associata alla parte del corpo bersaglio del bullo, abuso di sostanze (per sedare la disregolazione emotiva), esplosioni emotive, tentativi di suicidio: questi sintomi spesso si presentano allacciati gli uni con gli altri suscitando grande preoccupazione da parte dei genitori.
Il bullismo irrompe nella terapia
Quando ti trovi ad avere a che fare con la complicata matassa emotiva con cui i ragazzi ti portano la loro storia, ti rendi conto quanto sia difficile districarla e speri con tutto te stesso di riuscire a dare loro anche un briciolo di serenità all’interno di quella seduta. Il lavoro è lento ma non per questo interminabile, e quasi sicuramente ne rimarrà una cicatrice emotiva. Sarà per il fatto che non parliamo di un solo trauma ma ben si di un trauma ripetuto nel tempo che come una goccia cinese ha scavato nella personalità di chi è vittima del bullismo.
Quando il bullismo colpisce il corpo
Spesso accade che l’oggetto di derisione sia il corpo. In questo caso accade spesso che i genitori assistano inermi a radicali trasformazioni da parte del figlio, con perdite di peso pericolose che creano uno spartiacque fra l’adolescente sfigato e vergognoso e quello nuovo, più figo, che però non sente più niente. Questa nuova versione impeccabile rifiuta la vecchia e con essa tutte le sue emozioni. In terapia quando mi occupo di bullismo mi capita spesso che si parli del passato con grande critica o addirittura ci si rifiuti di parlarne. Questa nuova immagine deve essere conforme a ciò che Instagram detta.
Che cosa può fare un genitore per arginare e prevenire questo rischio?
Per prima cosa bisogna ascoltare e osservare.
È vero che gli adolescenti di default hanno momenti di mutacismo, anche prolungati, ma di tanto in tanto parlano anche loro. Ed è proprio in quegli attimi che si può intervenire in maniera strategica.
Ascoltare
Il “come va?” chiaramente non funziona, per rispondere a questa domanda basta solo una parola da cui l’adolescente si svincola rapidamente. Per tanto dobbiamo allenarci a trovare domande per cui non bastino un paio di sillabe per risposta. A me ad esempio piace molto la formula usata in “wonder” dai genitori durante I momenti di convivialità: “come è stata la tua giornata?”.
“La tua” sottolinea il fatto che ogni giornata ha la stessa importanza per tutti i membri della famiglia ed è fatta della stessa pasta della giornata dei genitori.
Formulare domande in un ottica di non giudizio aiuta a mettere in primo piano il punto di vista del proprio figlio. “ come pensi sia andata? Avrebbe potuto andare meglio? Che cosa l’ha disturbata secondo te?”. Ricordiamoci che ogni scelta da parte dell’adolescente è una parte dell’adolescente stesso, e se critichiamo I suoi amici o I suoi progetti, per quanto possano essere bizzarri, stiamo criticando lui.
Osservare
Per quanto riguarda l’osservazione deve essere rivolta a qualsiasi variazione di comportamento. Dorme? Mangia? Si lava? Questi sono importanti indicatori per quanto riguarda il disturbo dell’umore. Ricordiamoci che se il risultato della nostra osservazione è che c’è qualcosa che non va, vuol dire che è successo qualcosa.
E allora è importante comunicarlo, dirlo che siamo preoccupati. Dare disponibilità al dialogo e chiedere al l’adolescente quale condizione lo aiuterebbe. A volte è proprio lui ad indicare la seduta con uno psicologo.