Tricotillomania
Tricotillomania: questo nome così complicato identifica l’irrefrenabile bisogno di strapparsi capelli o sopracciglia. Fortunatamente accade di rado che le due tipologie siano assieme, poiché spesso la parte del corpo colpita viene deturpata a causa di estirpazioni metodiche e ricorrenti.
Come funziona la tricotillomania
La tricotillomania funziona su due binari.
Da una parte c’è lo “strappamento” premeditato con una sensazione di piacere che non è legata solo al dolore della pelle, ma anche al tenere in mano e/o manipolare il pelo (in certi casi fino a mangiarlo). Dall’altra parte c’è il gesto automatico, ad esempio nei momenti in cui si deve prestare attenzione all’altro (come a scuola) o si è concentrati nei propri pensieri. Il risultato a lungo termine di quest’operazione è il graduale sfoltimento dei capelli con la comparsa di aree più danneggiate con alopecia. Per non parlare delle sopracciglia che a un certo punto non ricrescono più. Il DSM V (manuale di riferimento psichiatrico americano) lo inserisce fra i disturbi ossessivo-compulsivi, proprio per l’incapacità di stoppare questo comportamento.
Le conseguenze psicologiche della tricotillomania
Quando in studio arriva un adolescente o un adulto con un problema di tricotillomania, la prima cosa che penso è che il bagaglio che si porta dietro sia pesantissimo.
Spesso chi soffre di questo disturbo può soffrire anche di depressione, ansia e/o disturbi alimentari. In generale, egli è comunque pervaso da un senso di vergogna per il suo comportamento. Essendo questo disturbo a esordio infantile o adolescenziale, questo può significare una marcata tendenza all’isolamento sociale, e nei casi più gravi una maggiore esposizione al bullismo.
La persona che mi trovo davanti avrà certamente fatto più e più volte esperienza della frustrazione e della non accettazione, perciò probabilmente si sarà adattata ad essa, prendendo misure cautelari.
Le impercettibili distanze con l’altro servono a mantenere in superficie la relazione e nello stesso momento anche il controllo di quello che accade.
In generale trovo fondamentale rispettare la giusta distanza del paziente, in questo caso servirà a ricostruire la storia della resistenza a tutti gli attacchi personali, a condividere le personali tecniche di coverage delle zone ripulite dai capelli, a deporre gli scudi per tirare un sospiro di sollievo dal mondo e un po’ alla volta sperimentare strategie di cambiamento.
Psicoterapia sulla tricotillomania
Nel lavoro su questo disturbo, esiste una fase iniziale per garantire alla persona il giusto spazio in cui poter riconoscersi i punti di forza su cui poter contare durante la terapia e rilevare quali momenti negativi possono aver inciso fino ad arrivare al problema.
Succesivamente, utilizzo strumenti di tipo cognitivo e di derivazione Sensory motor, per aiutare la persona a notare che cosa accade prima, dopo, durante la compulsione e lavoro in EMDR per abbassare il grado di attivazione sulla pulsione utilizzando gli episodi di compulsione e i ricordi negativi ad essi correlati.
I miei nuovi strumenti per affrontare il disagio psicologico e il trauma
Vuoi parlarmi del tuo problema?
oppure tramite i miei recapiti:
Dott.ssa Francesca Savarino
Via Bezzecca 13, 40138 Bologna.
Via della Catalana 3, 48122 Ravenna.
Tel 3929644949
savarino.francescapsy@gmail.com
Tricotillomania
Tricotillomania: questo nome così complicato identifica l’irrefrenabile bisogno di strapparsi capelli o sopracciglia. Fortunatamente accade di rado che le due tipologie siano assieme, poiché spesso la parte del corpo colpita viene deturpata a causa di estirpazioni metodiche e ricorrenti.
Come funziona la tricotillomania
La tricotillomania funziona su due binari.
Da una parte c’è lo “strappamento” premeditato con una sensazione di piacere che non è legata solo al dolore della pelle, ma anche al tenere in mano e/o manipolare il pelo (in certi casi fino a mangiarlo). Dall’altra parte c’è il gesto automatico, ad esempio nei momenti in cui si deve prestare attenzione all’altro (come a scuola) o si è concentrati nei propri pensieri. Il risultato a lungo termine di quest’operazione è il graduale sfoltimento dei capelli con la comparsa di aree più danneggiate con alopecia. Per non parlare delle sopracciglia che a un certo punto non ricrescono più. Il DSM V (manuale di riferimento psichiatrico americano) lo inserisce fra i disturbi ossessivo-compulsivi, proprio per l’incapacità di stoppare questo comportamento.
Le conseguenze psicologiche della tricotillomania
Quando in studio arriva un adolescente o un adulto con un problema di tricotillomania, la prima cosa che penso è che il bagaglio che si porta dietro sia pesantissimo.
Spesso chi soffre di questo disturbo può soffrire anche di depressione, ansia e/o disturbi alimentari. In generale, egli è comunque pervaso da un senso di vergogna per il suo comportamento. Essendo questo disturbo a esordio infantile o adolescenziale, questo può significare una marcata tendenza all’isolamento sociale, e nei casi più gravi una maggiore esposizione al bullismo.
La persona che mi trovo davanti avrà certamente fatto più e più volte esperienza della frustrazione e della non accettazione, perciò probabilmente si sarà adattata ad essa, prendendo misure cautelari.
Le impercettibili distanze con l’altro servono a mantenere in superficie la relazione e nello stesso momento anche il controllo di quello che accade.
In generale trovo fondamentale rispettare la giusta distanza del paziente, in questo caso servirà a ricostruire la storia della resistenza a tutti gli attacchi personali, a condividere le personali tecniche di coverage delle zone ripulite dai capelli, a deporre gli scudi per tirare un sospiro di sollievo dal mondo e un po’ alla volta sperimentare strategie di cambiamento.
Psicoterapia sulla tricotillomania
Nel lavoro su questo disturbo, esiste una fase iniziale per garantire alla persona il giusto spazio in cui poter riconoscersi i punti di forza su cui poter contare durante la terapia e rilevare quali momenti negativi possono aver inciso fino ad arrivare al problema.
Succesivamente, utilizzo strumenti di tipo cognitivo e di derivazione Sensory motor, per aiutare la persona a notare che cosa accade prima, dopo, durante la compulsione e lavoro in EMDR per abbassare il grado di attivazione sulla pulsione utilizzando gli episodi di compulsione e i ricordi negativi ad essi correlati.
I miei nuovi strumenti per affrontare il disagio psicologico e il trauma
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Disturbo ossessivo compulsivo
DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO
Chi soffre del disturbo ossessivo compulsivo, ha a che fare con un problema complesso, che riguarda ossessioni e a volte anche compulsioni, per loro natura nemiche della qualità della vita dell’INDIVIDUO.
Parliamo di ossessioni quando ci troviamo regolarmente a fare pensieri intrusivi su improbabili e future minacce che in quel momento avvertiamo come reali. Queste minacce appaiono sotto forma di scene mentali caratterizzate da veri e propri discorsi interni.
Per compulsioni invece intendiamo una serie ripetuta di agiti di cui non riusciamo a fare a meno, perché in profondità servono a scaricare la tensione interna. Quello che però si percepisce è che se non metteremo in atto quel determinato comportamento le cose andranno irrimediabilmente male. In pratica è come avere una sorta di colonnello che comanda anche se non c’è nessuna guerra e finché non eseguiamo i suoi compiti questo continuerà a minacciare punizioni sempre più spaventose.
Il pensiero ossessivo
Questo fenomeno è presente nell’arco della giornata per almeno un’ora, anche se spesso occupa molto più spazio fino a diventare invalidante per la qualità della vita della persona. Essendo inoltre i pensieri ossessivi sempre carichi di ansia, possiamo immaginare quanto possa essere stremante la vita per una persona che ne soffre.
Ecco di seguito una forma estrema di pensiero ossessivo:
“Se non controllerai 10 volte la manopola del gas, non solo esploderà il tuo appartamento ma anche tutto il palazzo e tu sarai responsabile anche della morte dei tuoi vicini”.
È interessante notare che se nel Disturbo di Personalità Dipendente si elude qualsiasi responsabilità, in questo caso ci si carica sulle spalle tutta la responsabilità possibile. Volendo trovare un’immagine rappresentativa nella storia dell’arte, sceglierei quella dell’Atlante di Palazzo Farnese a Roma, che nello sforzo di sorreggere il mondo deve flettere la testa, e quindi avere una visione di ciò che lo circonda abbastanza precaria.
A un certo punto, come nel Disturbo Ossessivo Compulsivo non curato, l’idea dominante è di essere schiacciati dal problema, di non avere nessuna possibilità che la vita cambi, e questo a sua volta può portare a una seconda diagnosi di depressione.
Psicoterapia nel Disturbo Ossessivo Compulsivo
Nella psicoterapia per il Disturbo Ossessivo Compulsivo è importante all’inizio lavorare più e più volte sulle aspettative temporali di guarigione.
È importante, perché se da una parte si arriva in terapia con una visione semidesertica sulla possibilità di farcela, paradossalmente a questo disturbo sottende un pensiero perfezionistico (che probabilmente appartiene a quel famoso piccolo colonnello di cui sopra), che pretende risultati completi e subito.
In pratica possiamo sintetizzare questa dinamica con “non posso guarire ma devo guarire il prima possibile”.
Successivamente utilizzo assieme al cliente una serie di strumenti:
– l’approccio psicodinamico per lavorare sui significati latenti delle ossessioni, che sulle persone possono davvero risultare come incubi ad occhi aperti i cui contenuti (bizzarri, sessuali, violenti o”amorali”) spesso spaventano o vengono visti come prova della propria pazzia.
– le tecniche di desensibilizzazione come EMDR o il DBR In approccio Mindfullnes
Anche in questo caso l’uso di psicofarmaci può rappresentare un coadiuvante molto valido.
per approfondire il mio intervento terapeutico sui disturbo ossessivo, puoi leggere il prossimo articolo:
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